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CATANIA-
Chissà se le cosiddette conquiste del femminismo c’entrino o meno. O, magari, è solo il segno dei tempi: sta di fatto che «la mafia è donna» perché «a comandare sono le femmine» in quanto «la donna è una persona seria e calma che sa pensare». Tutto vero, almeno in linea di principio: il cuore delle organizzazioni criminali è di sesso femminile, sono cioè le donne a garantirne continuità ed efficienza, specie se i maschi di famiglia sono morti o dietro le sbarre.
La frase non è tratta dai soliti trattati di sociologia meridionalista: è, invece, quel che testualmente si legge in un’intercettazione telefonica captata dalla procura della repubblica di Catania. A parlare è Lucia Castoro, signora di mezza età, vedova del più noto Giuseppe Pandolfo, ex boss di Lentini trucidato in uno dei tanti agguati mafiosi nel lontano 1989. Questo “dettaglio” tratto dai brogliacci delle conversazioni telefoniche intercettate dai carabinieri è parte di una più ampia rassegna di elementi probatori acquisiti dalla magistratura siciliana per stringere il cerchio attorno al clan Nardo. In tutto sono 27 le persone finite in manette per associazione mafiosa (416 bis), estorsione, traffico di stupefacenti e gestione illegale di apparecchi elettronici per il gioco d’azzardo (i famigerati videopoker). Tra queste, la stessa Lucia Castoro ed il genero Maurizio Carcione, di 40 anni. Al carnet delle accuse mosse contro la cosca, vanno ad aggiungersi anche altre due ipotesi, una molto nota, e da tempo, nel mondo della mafia, l’altra meno: vale a dire il controllo del mercato delle agenzie di onoranze funebri e l’imposizione del pizzo ai politici per l’affissione dei manifesti elettorali. Il fenomeno è molto diffuso, soprattutto in Campania in Sicilia (in Calabria meno) e consiste nell’imporre ai candidati vere e proprie squadre di giovani per affiggere la pubblicità elettorale. Un modo come un altro per continuare nell’opera di agenzia di collocamento storicamente “appaltata” a ‘ndrine, clan e famiglie varie. Non solo: secondo quanto emerso dalle indagini esponenti del clan in occasione di recenti elezioni politiche avrebbero imposto ai candidati una specie di listino prezzi per l’affissione abusiva di manifesti elettorali e per evitare il danneggiamento di quelli legalmente affissi e rappresaglie personali.Tra i destinatari dei provvedimenti emessi dal gip di Catania, Oscar Biondi, c’è anche un appuntato dei carabinieri che era in servizio ad Augusta, considerato una talpa dei Nardo, già da tempo trasferito in un’altra sede.
dal quotidiano Libero

Peppe Rinaldi

Giornalista

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