OmissisAsl: ecco il concorso by night

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Una commissione di valutazione si riunisce alle 3,30 di notte per i quiz: poi esce e fa 40 km fino a Fisciano con i plichi. Un ricorso al Tar svela il grottesco e l’opaco nella dinamica di un concorso già chiacchierato. Ma i giudici da un anno non fissano l’udienza.

 

Riunirsi alle tre e mezza di notte può significare tante cose, ce l’hanno insegnato sin da bambini. Le tenebre diluiscono, annullano, sfumano. Perciò colpisce la lettura di un ricorso depositato al Tar di Salerno laddove, tra l’altro, si narra della commissione esaminatrice in un concorso pubblico insediatasi proprio a quell’ora. Magari vorrà dir poco, magari è la cosiddetta prassi, magari qualcos’altro. Sarà la formula by night del concorso pubblico oppure l’ ennesima diavoleria dell’apparato burocratico escogitata per chissà cosa: sta di fatto che, al di là dell’apparente tenore carbonaro della riunione, questo ricorso alla giustizia amministrativa presentato da un dirigente pubblico circa un anno fa, offre in pasto a chi ne sia affamato più di una curiosità. Non solo partite in notturna, dunque, ma anche altro: stravaganze giustificative del proprio operato, inversioni della logica ordinaria, alterazioni dei canoni spazio-temporali con punte di comicità degne di Charlie Chaplin.

Il genio universale della risata non è citato a caso, essendoci negli atti un riferimento proprio al suo celeberrimo “Tempi moderni”.
Stiamo parlando di un ricorso, con motivi aggiunti a controdeduzioni per l’annullamento di una delibera dell’Asl di Salerno con la quale si approvava l’esito di un concorso pubblico interno per un posto da dirigente di unità complessa.
Precisamente, la prima delibera del 2016 del commissario straordinario dell’azienda di via Nizza (assunta l’11 gennaio e pubblicata all’albo pretorio Asl il 15 successivo) per l’approvazione dei verbali della commissione e della graduatoria finale di merito del concorso pubblico per la copertura a tempo indeterminato di un posto da dirigente della U.O. “Reporting e contabilità direzionale”. Carica importante, delicata, oltre che legittimamente appetibile per prestigio e remunerazione. La prova scritta, su quesiti di diritto amministrativo e costituzionale, si è tenuta il 13 febbraio del 2015. La superano in 32, che saranno poi ammessi alla prova teorico-pratica.
Questa la cornice generale entro cui ci muoviamo e che proveremo a semplificare data la natura perfidamente ostica della giustizia amministrativa con i suoi infiniti “busillis”. 

Diciamo subito che a leggere il ricorso proposto da uno degli esclusi (il dirigente S.M.) la sensazione che fosse materia più da procura della repubblica che da Tar cresceva rapidamente. Il ricorrente, infatti, ha chiesto l’annullamento della delibera Asl che recepiva l’esito del concorso indetta dalla commissione notturna, non partendo da una tortuosa e incomprensibile diatriba su punteggi e calcoli astrusi relativi alla propria prova d’esame, bensì sul fatto che tutto il concorso avrebbe violato i principi di segretezza, trasparenza ed anonimita’ (la legge di riferimento è il Dpr 483 del 1997). In parole povere, tutta la procedura sarebbe falsata, che è altra cosa rispetto a sostenere un generico “non sono stato valutato per quel che valgo” oppure ” il mio compito valeva tot punti” etc. Elencandone poi i motivi, rispetto ai quali l’Asl, costituitasi in giudizio (ovviamente con rituale incarico ad un avvocato esterno) nel controdedurre avrebbe complicato la propria posizione. Il punto è che il Tar di Salerno a distanza di un anno ancora deve fissare l’udienza, nonostante due sollecitazioni formali rimaste lettera morta. Eppure i ruoli della sezione di Salerno non sono quelli di Roma o di Napoli. Vedremo.

Nell’attesa proviamo a mettere in fila, banalmente, le cose che rinforzano le perplessità diffuse nei corridoi dell’azienda, dove la “fama” di questo concorso tocca vette che preoccuperebbero anche il più scafato dei burocrati. Perché se tra le pieghe di infiniti commi, decreti, sentenze, virgole e doppi punti propri di un ricorso al Tar, emerge che la commissione si è riunita nella sede della Direzione amministrativa dell’ospedale di Battipaglia (h 3,30 am) per costituire il data-base per i quiz, uscendone dopo circa 5 ore per andare poi all’università di Fisciano, sede di prova, appare logico farne derivare una nullità totale. Per non dire della stessa selezione delle domande che, logica e legge imporrebbero, non può essere demandata ai commissari: ci sono cervelloni centrali, società ad hoc, data base ufficiali da cui attingere, perché ci si dovrebbe fidare a scatola chiusa di commissari che potrebbero aver in precedenza rivelato a chiunque o anche ad uno solo, tutte o in parte le domande per lo scritto? Sono loro a dirlo nei verbali e nelle controdeduzioni di essere usciti con i plichi da Battipaglia e di aver percorso in auto almeno trenta chilometri per raggiungere Fisciano in un arco di tempo di circa 40 minuti minuti, periodo sufficiente per immaginare di tutto: che qualcuno possa essere entrato nella Direzione amministrativa di Battipaglia e abbia cliccato su computer o fotocopiatrici per scaricare dalla memoria gli ultimi file lavorati, che i commissari siano stati bloccati da uomini mascherati e costretti a cedere le domande, che qualcuno potrebbe essersi avvicinato incassando una pen drive con le informazioni, che le domande siano state rivelate durante il tragitto ad un amico, un amante, un parente.
Insomma, ci siamo capiti.

 

La legge (ma pure la logica e il buonsenso) impone vincoli rigidissimi, che tutto debba essere svolto nell’immediatezza della prova d’esame, non si può andare in giro con i plichi seppur sigillati. Siamo certi che è filato tutto liscio ma -sempre secondo la normativa in vigore per i comuni mortali- è sufficiente la “astratta conoscibilità” dei test per invalidare tutto: e qui di “astratto” si abbonda. Quando poi, sempre nell’ambito del ricorso, arriviamo a Charlie Chaplin ecco che la cosa si fa, appunto, comica: il ricorrente sostiene che i tempi non tornino, cioè il presidente della commissione di valutazione non avrebbe potuto controfirmare quasi 20mila fogli dello scritto (il totale delle pagine utilizzate dai partecipanti) in un arco di tempo di poche ore.

Ma dall’Asl hanno insistito, evocando un taylorismo insospettato: ho messo una firma ogni 3,5 secondi, la mia macchina è super efficiente. In pratica i membri dell’Asl avrebbero lavorato come nella mitica scena di Chaplin alla catena di montaggio. E qui casca l’asino perché il ricorrente alza il tiro e controdeduce in sede di motivi aggiunti: se anche fosse come dici tu (commissione) -e non è così- il tempo necessario per la firma che legalizza le prove di concorso non sarebbe stato di cinque ore bensì di diciotto. Il calcolo è matematico, inoppugnabile e, dunque, anti logico: pertanto, comico.

Ecco perché, se fosse tutto confermato, quella sensazione che dovesse occuparsene un pm e non un giudice amministrativo (almeno non solo) stenda ad abbandonarci.

Intanto il Tar non fissa l’udienza e i diritti acquisiti da chi acrobaticamente ha vinto il concorso vanno consolidandosi. “Del diman non v’è certezza” e il potere burocratico lo sa bene. Si chiama Italia. Ma up to a point, dicono gli anglosassoni.
Dal quotidiano “Le Cronache” del 28 ottobre 2016

 

 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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