IN CITTA'OmissisEboli, le zeppole proibite: un’amara quarantena

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Qui si parla di zeppole al tempo della polmonite, prima cinese e dopo (quasi) del tutto italiana. Quelle di San Giuseppe precisamente, al forno o, ancor meglio, fritte, ripiene di crema e con l’amarena ‘ncopp’ (per i non campani “sopra”). Una squisitezza insomma.
Gli è che pure la zeppola del 19 marzo è stata risucchiata dal vortice delle polemiche -chiamiamole così- di questi giorni di tensione e scoramento determinati dalla nota emergenza.
E’ accaduto ad Eboli l’altra sera quando il primo cittadino Massimo Cariello ha diffuso questa nota: «Nel ribadire l’obbligo a restare a casa e rispettare il Dpcm del 11.03.2020 e dell’ordinanza n. 13 del 12.03.2020 a firma del Presidente della Regione Campania, che vietano le attività di ristorazione, bar, pub, pasticcerie, ristoranti e gelateria, si informano i panifici presenti sul territorio comunale, che oltre al pane e affini, possono commercializzare esclusivamente prodotti confezionati non farciti. Domani (ieri per chi legge, ndr)  inoltre, è San Giuseppe e come tradizione vuole la nostra città è legata alla preparazione di un dolce per eccellenza, le cosiddette zeppole di San Giuseppe. E’ doveroso per rispetto delle attività che sono rimaste chiuse, attenersi esclusivamente alle direttive del decreto (…)».
Ohibò! E ora? Domattina (ieri per chi legge) niente zeppole quando con la mascherina e con i guanti faremo la fila dinanzi ai supermercati speranzosi di trovarne almeno un paio? In effetti pare sia andata proprio così, al netto di qualche fortunato.
Ricostruendo per quanto possibile le fasi della dinamica del divieto di zeppola sembra che tutto sia partito da uno sfogo su Facebook di un pasticcere che, molto educatamente, faceva notare la disparità di trattamento tra i limiti imposti alla sua attività e quelli invece di fornai e panifici vari. Ora, non è tempo di mettersi a spaccare il capello su come ad Eboli si stia affrontando l’emergenza (c’è sempre chi sa come far girare il mondo meglio di altri) né di maramaldeggiare su alcuni limiti oggettivi nella comunicazione, peraltro comuni a tanti sindaci e politici, ma colpisce la velocità di reazione del primo cittadino ebolitano alla pur minima sollecitazione “social”. Sarebbe forse bastato riflettere quindici minuti, o anche meno, e ricordarsi che panifici e fornai hanno un codice merceologico (si chiama Ateco) che consente loro di produrre le stesse cose vietate oggi alle pasticcerie in quanto tali.
Dare una risposta subito, alla minima pressione virtuale e materiale (associazioni di settore avrebbero fatto sentire la propria voce): classica formula di questi tempi dominati da quello sterminato cicaleggio rappresentato dal mondo dei social, dove le parole di un astrofisico valgono quanto quelle di chi ora scrive durante una discussione sulla formazione dell’universo dal solo punto di vista tecnico. Quindi, figuriamoci un dibattito sulle zeppole di San Giuseppe.
La zeppola vietata, dunque, non è stata vietata sul serio e gli agenti di polizia municipale sparpagliati per la città (non sempre nelle condizioni di sicurezza previste) per la verifica del rispetto degli obblighi di clausura, e che avrebbero dovuto sorvegliare anche sull’applicazione di questa stravagante ordinanza via Facebook, al massimo se la son vista offrire una bella zeppola.
Sempre che siano stati fortunati. 

*Pubblicato venerdì 20 marzo 2020 su “Il Quotidiano del Sud- ediz. Salerno” 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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