ARCHIVIOOmissis-ArchivioUn secolo e mezzo di galera alla “Libera repubblica della Maddalena»

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No Tav sentenza proteste

Quasi un secolo e mezzo di carcere. Precisamente, 142 anni e 7 mesi. Tanti ne sono stati inflitti dal tribunale di Torino ai 53 indagati (47 condanne e 6 assoluzioni) per gli scontri in Val di Susa dell’inizio estate 2011: meno dei 193 che avevano chiesto i pm per attivisti No Tav e antagonisti vari piovuti da ogni parte d’Italia a Chiomonte per bloccare la Torino-Lione ad alta velocità. L’Europa minacciava di revocare i finanziamenti se entro il 30 giugno l’opera non fosse stata avviata secondo procedura.

 

 

Perciò il 27 giugno arrivarono centinaia di poliziotti in assetto antisommossa, con trattori e cingolati per risalire la montagna, sgomberare i campi occupati dalle milizie anti Tav e proteggere il cantiere. Scoppiò il finimondo, che si replicò il primo luglio, quando arrivò la risposta antagonista all’azione dello stato. Furono più di otto ore di scontro duro, cruento, probabilmente il più lungo ed estenuante nella recente storia delle tensioni di ordine pubblico. Bombe carta, molotov, pietre, bastoni, lacrimogeni, con centinaia di feriti sia tra gli agenti che tra i membri delle diverse sigle della frastagliata isola del movimentismo antagonista di matrice ambientalista. 
La “Libera repubblica della Maddalena” -così battezzarono la protesta- quelle ruspe proprio non voleva farle lavorare, erano disposti a tutto i manifestanti. Come ancora si dicevano ieri, quando alla lettura del dispositivo della sentenza nell’aula bunker delle Vallette di Torino, s’è scatenata la reazione: «Vigliacchi, non ci fermerete», hanno urlato in tanti tra gli imputati (il grosso era presente, solo qualcuno mancava), gli stessi che pure poco prima avevano tentato di interrompere il giudice Quinto Bosio con il rituale proclama anarchico. Stessa scena quando i giudici hanno concluso, dopo un’ora trascorsa a specificare le singole posizioni di ognuno degli imputati: un putiferio, al grido di  «Questo è un processo politico», «la lotta non si fermerà» e «la lotta di classe vi spazzerà via» tutti urlavano tutto ma i magistrati, senza degnarli d’attenzione, sono usciti così com’erano entrati.

Il collegio ha stabilito che i condannati dovranno risarcire – stabilendo provvisionali per circa 150mila euro – quasi tutti i poliziotti feriti durante gli scontri, i ministeri dell’Interno, della Difesa e dell’Economia, più i sindacati di polizia Sap, Siulp e Ugl. Le accuse dei pm Manuela Pedrotta e Nicoletta Squaglino andavano dalla violenza e resistenza a pubblico ufficiale alle lesioni, al danneggiamento. L’inchiesta è stata condotta dalla Digos di Torino, la stessa che nel gennaio del 2012 arrestò 26 persone, indagate insieme ad altre per i medesimi reati. Per il gip che valutò l’ordinanza di custodia cautelare, Federica Bompieri, gli scontri tra No Tav e forze dell’ordine fu un’azione «concertata, organizzata e, sul posto, addirittura coordinata». Di avviso contrario prima, durante (si consideri che il processo ha avuto un ritmo incalzante, con più di 200 udienze per più di 2 volte a settimana) e dopo i legali degli imputati. Per i quali si tratta di «ammende ingiustificate e pene spropositate, comminate in totale assenza di prove». Una volte lette le motivazioni, partiranno i ricorsi. «Se necessario ricorreremo anche alla Corte europea di giustizia» sostengono gli avvocati impegnati sul caso. «Non dovevamo valutare la fattibilità dell’opera pubblica ma solo i comportamenti e le condotte verificatisi in quei giorni attorno al cantiere» replicano dalle parti del tribunale. 

Oltre a quelli scoppiati in aula scanditi da un «Bella ciao», un canto anarchico e ipnotici «Vergogna-vergogna», ci sono stati altri disordini in strada, con relativo blocco della circolazione dei mezzi, proteste, disagi, automobilisti inferociti e caos. Sin dall’inizio il processo è stato caratterizzato da tensioni e condizionamenti multipli. Di qui la decisione di trasferirlo nell’aula bunker del carcere normalmente dedicata ai processi di mafia. Scelta pur essa contestata “vivacemente” dai no Tav, al punto che subito si optò per la celebrazione a porte chiuse. Ieri l’epilogo della prima fase di una storia che di certo non finirà qui.

Oltre a persone legate ai centri sociali, specie all’Askatasuna di Torino e il suo leader Giorgio Rossetto, tra i condannati ci sono l’ex brigatista Paolo Maurizio Milani, esponenti politici come Guido Fissore, consigliere comunale valsusino, e Andrea Vitali, responsabile organizzativo di Rifondazione comunista.

Gianni Tonelli, segretario generale Sap, uno dei maggiori sindacati di polizia si dice soddisfatto: «Le condanne confermano quello che abbiamo sempre sostenuto: la Valdisusa è diventata un parco giochi per facinorosi e devastatori, gente che non conosce legalità e democrazia, personaggi che ‘sporcano’ anche la causa No Tav. Grazie all’avvocato Bertolino, siamo stati i primi ad essere ammessi come parte civile e oggi abbiamo ottenuto una vittoria storica col riconoscimento di una provvisionale. Ringrazio la magistratura e in particolare la Procura di Torino per l’instancabile lavoro».

Peppe Rinaldi (dal quotidiano “Libero” del 28 gennaio 2015)

 

 

Redazione Eolopress

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