ARCHIVIOEboli, incubo Imu: ma non per sindaco e assessore al Bilancio

admin13/07/2012

comune-di-Eboli

Chi ha incarichi pubblici deve dare l’esempio per primo? Non sempre, non necessariamente. Le stucchevoli campagne moralistiche degli ultimi mesi sulla vita privata dell’ex premier o su altri le lasciamo volentieri ai lettori di Repubblica, del Fatto, del Corriere della Sera, agli invasati che si spellano le mani applaudendo i vari Santoro e Travaglio, al Pd, ai vendoliani (e se moraleggiano loro…), alle Rosy Bindi e ai Di Pietro. Vale per il livello nazionale, vale pure per quello locale.

Cioè: un sindaco, un amministratore pubblico, un assessore, un parlamentare, un magistrato, un militare e così via, questo benedetto esempio devono darlo o no? Repetita iuvant: se riguarda la loro vita personale, i fatti privati, le preferenze sotto le lenzuola, assolutamente no. Men che meno se subiscono disgrazie personali o familiari, hanno un figlio tossicomane, un fratello delinquente, un padre donnaiolo o una madre dai facili costumi.

 

Se, però -facciamo un esempio non tanto a caso- gli amministratori di un comune decidono di far pagare le tasse aumentando le aliquote (ma anche senza toccarle) dovrebbero avere almeno l’intelligenza di mettersi in regola per primi. Prendiamo Eboli, città della Piana del Sele, da circa 20 anni amministrata da quell’ammasso informe che va sotto il nome di “sinistra politica”. In particolare, negli ultimi tempi, da quell’altra specie di sodalizio che va sotto il nome di Pd. Tralasciamo la penosa vicenda interna che, da quel che si legge e si dice, attraversa i «bersanini» locali. Concentriamoci sull’amministrazione dell’ente e su qualche rappresentanza politica di un certo peso.Melchionda_Martino_2
Siamo sicuri che il sindaco Martino Melchionda (foto a destra) ad esempio, paghi l’Imu come tutti (sul “tutti” è un discorso a parte ma ci siamo capiti) o, quantomeno, come dice la legge? Siamo sicuri che l’assessore al Bilancio, il serio e diligente Pasquale Lettera, faccia lo stesso? E i consiglieri comunali che alzano da tempo la manina per dare il via libera alle scelte di maggioranza?

Stimolati dalla nota sull’Imu diffusa da quel geniaccio di consigliere comunale che va sotto il nome di Paolo Polito (al quale si potrà rimproverar di tutto tranne che non sappia di cosa parla) siamo andati a dare una sbirciatina nella banca dati del catasto. Le sorprese non sono mancate.

Ecco un campionario: il sindaco di Eboli, l’avvocato Melchionda, ha un accorsato studio professionale in via Nobile, pieno centro cittadino. La struttura risulta classificata come “A2”, cioè come civile abitazione. Sono 6,5 vani in tutto: se ne desume che Melchionda abiti lì dentro. Sanno anche le pietre che non è così, vive altrove e dovunque sia sono solo fatti suoi: diventano invece «fatti di tutti» nel momento in cui si comprende che quell’ufficio dovrebbe essere classificato come “A10”, cioè come studio professionale. Lo capisce anche un bambino che la sostanza cambia di molto, specie dal punto di vista fiscale. Infatti, usando parametri standard e di facile comprensione, se lo studio di Melchionda fosse accatastato per come impone la legge, non dovrebbe pagare di Imu 1.200 euro circa ma addirittura più del doppio, all’incirca 2.400. Il calcolo, approssimativo, è basato sull’aliquota del 10 per mille che starebbero per introdurre, ma se pure rimanesse invariata al 6 com’è oggi, la proporzione non cambierebbe.
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Vale per Melchionda, certo, ma pure per il senatore Franco Cardiello (foto a sinistra): situazione identica a quella del sindaco, stessa via, stesso palazzo, stessa attività professionale, stesso tipo di accatastamento e, quindi, meno soldi che entrano nelle casse pubbliche e, a cascata, più danaro da chiedere alla collettività. Il simpatico e sempre disponibile parlamentare, però, avrebbe un problema doppio: anche l’abitazione dove vive, in montagna, intestata al figlio Damiano (pure lui consigliere comunale) è classificata in modo anomalo. Ha il codice “A3“, cioè è una “casa economica”: non pare, onestamente, possibile definirla tale. Idem per il rappresentante dell’Idv Francesco Rizzo: anche la sua villa in via Acqua dei Pioppi è “casa economica”. Può esserlo una struttura di 8,5 vani, giardino, piscina etc.? 

Il deputato del Pd, Antonio Cuomo, come sempre è più “furbo” di tutti e la casa l’ha accatastata correttamente: in contrada Cappuccini, la villa in cui risiede (intestata alla moglie Monica Vecchio) è classificata “A7”, cioè come “villino”, quindi pagherebbe il giusto.

Sia chiaro: il sistema “Sister” del catasto, al quale hanno accesso gli abbonati (commercialisti, ragionieri, avvocati, giornalisti, enti locali, etc.) non è la Bibbia, possono esserci stati errori, l’Agenzia del territorio non è infallibile. Ma quanti saranno stati tali veramente? Va aggiunto ancora: nessuno vieta loro di pagare (o di aver pagato in passato) il giusto nonostante l’erronea classificazione: sarà loro cura, se interessati, dimostrare il contrario pubblicamente. I dati intanto dicono questo, il resto sono chiacchiere.

E l’assessore Lettera, cioè colui che materialmente decide e sovrintende alle tasse che i cittadini pagano o dovrebbero pagare? Sembrerebbe che la situazione sia analoga a quella del sindaco: in via Riccardo Romano (dove, pare, abbia anche la residenza elettorale, il che raddoppia il “problema” visto che abita in via Tavoliello) ha il suo studio di commercialista, pur esso accatastato come civile abitazione. Ne consegue che anche l’assessore al Bilancio paghi l’Imu per metà. E i cittadini che invece sono costretti a stare in regola? Lo prendano in quel posto, punto.

Si dirà: e voi giornalisti allora, non è che siete santi. Verissimo, sacrosanto: chi scrive ha una lista di cose da farsi “perdonare” lunga fino a Trento. La differenza è che i giornalisti non chiedono voti per «tutelare gli interessi della collettività», non amministrano, non fanno scelte che condizionano la vita altrui, non aumentano le tasse né le abbassano. Sono singoli individui che, quando hanno il coraggio, firmano sotto a quel scrivono. E se ne assumono tutte le responsabilità.
Peppe Rinaldi
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