ARCHIVIOImmigrati: la Regione invia ad Eboli un presidio

admin03/08/2009
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campania S.Nicola4

EBOLI- “Mezzogiorno di fuoco” ma non siamo nella cittadina di Hadleyville né nel periodo post secessionista americano. E’ nel cuore della piana del sele che si consuma una delle più profonde e radicate ipocrisie tutte italiane. Del film cult del cinema western c’è poco, ma l’odore di polvere misto alla disperazione umana lo richiamano alla mente quando percorrendo la strada sterrata che conduce al ghetto di San Nicola Varco ci si ritrova tra nuguli di terra e sporcizia.  Ore 12, il caldo è asfissiante e ad Eboli a pochi passi dalla provinciale 30 l’ente Regione prova a lanciare un timido segnale di presenza sul territorio in quello che è oggi diventato un lager per cittadini extracomunitari. Un girone infernale in cui sono finiti, pur non volendolo, centinaia di magrebini ingannati da una corsa all’oro rivelatasi poi una prigione. L’ex mercato ortofrutticolo di San Nicola Varco, una polveriera alla luce del sole, mascherata da un velo di ipocrita clandestinità, oggi è agghindato per la festa,  ma fa specie assistere a interventi umanitari che poco sanno di tolleranza, accoglienza ed integrazione. Oggi l’ente proprietario dei suoli, ovvero la Regione Campania, rinnova il ritornello, ma fa di più, porta sul luogo quattro container. Vuoti s’intende, l’arredo arriverà poi.

Sotto un gazebo allestito dalla protezione civile l’assessore regionale alle politiche sociali  Alfonsina De Felice fa il suo esordio: ”Parte oggi, con l’apertura di questo presidio, il programma di bonifica del campo, un’azione di cui la Regione si fa carico con convinzione per aiutare queste persone ad uscire dalla condizione di poverta’ e di degrado in cui sono intrappolati”. Un messaggio lodevole ma pur sempre un messaggio e che gli oltre mille clandestini abbandonati a loro stessi stentano a comprendere. Solo in pochi parlano la lingua e tra questi c’è chi si chiede il perché si faccia tanto rumore se poi alla fine nulla viene fatto. Il degrado? Ma stiamo parlando di una discarica a cielo aperto non dei grandi magazzini. Forse alla Regione sfugge questo esimio particolare o forse l’assessore De Felice avrà parlato con Bertolaso e studiato strategie per ricollocare altrove le montagne di pneumatici e rifiuti speciali stoccati sul luogo. “Strano- si chiedono- parlano di assistenza quando poi se siamo in pericolo nessuno arriva a soccorrerci, gli incendi sono quotidiani ed il rischio di intossicazione altissimo, ma nessuno si degna di darci ascolto, siamo invisibili”.

Eppure tutto si consuma alla luce del sole.

Come le braccia arse di questi uomini a lavoro nei campi sotto un sole che brucia corpo e dignità. Migliaia di passaggio e centinaia decisi a restare, a sudare sotto serra e a subire le angherie di quanti sono invece riusciti ad ottenere il biglietto d’entrata pur di non patire l’umiliazione del rientro in patria squattrinato ed in manette.S.Nicola6

L’oro che cercavano, che pensavano ci fosse, superato quel breve lembo di mare, non esiste e lo hanno appreso a caro prezzo. Come il viaggio di Caronte le anime vengono traghettate sull’altra sponda, giungendo nell’oltretomba contemporaneo. Risucchiate da un sistema parallelamente clandestino di regole e modus vivendi chi giungerà in terra italiana in maniera irregolare non avrà vita facile, strozzato da un pout pourrì di contraddizioni, di cui amano cibarsi soprattutto le organizzazioni criminose. Vengono per lavorare, ma si ritrovano a combattere con caporali senza scrupoli, a dormire tra topi e zecche, a cibarsi se va bene di scarti. campania S.Nicola5
Si ritrovano a San Nicola Varco nella stagione delle colture, a vivere in un’area dove l’unica fonte d’acqua è costituita da una tubatura isolata, sprovvista di rubinetto, dove alcol, droga e ricettazione regnano sovrani e dove vige un sistema di anarchia che finora forze dell’ordine e volontari non sono riusciti ad arginare. Vent’anni passati ignorando il problema, aggirando l’ostacolo con un continuo cambio di responsabilità e competenze senza mai trovare soluzioni capaci di porre un freno allo scempio umanitario.

 

L’Eldorado non esiste, oggi ripetono coloro che sono finiti in questo luogo, che vorrebbero fuggire ma per andare dove e fare cosa, con il rischio di ritrovarsi in cella.  E poi chi assumerebbe un clandestino, chi gli darebbe asilo? Lasciano alle spalle la povertà di un continente per ritrovarsi circondati da una povertà morale ancora più profonda, cinica, che ne fa bestie da soma, braccia-lavoro, cavie per speculazioni e strumentalizzazioni. Tornando al ghetto di San Nicola Varco, è qui che arrivano e stazionano quanti in clandestinità hanno messo piede in Italia e quanti guidati dal passaparola giungono per lavorare nei campi. Preferiscono la terra alla malavita, per carattere e cultura, ma non certo sono immuni dal fenomeno, spesso ne sono vittime per sopravvivenza. Ma il più delle volte sono i necrologi, e non la cruenta cronaca nera, ad ospitare con frequenza i loro volti ed i loro nomi, null’altro occorre sapere. Non uomini, né storie, ma numeri. Sono in crescita le morti sull’asfalto sebbene nessuno conosca il dato reale, non esiste registro. Sono investiti come insetti ai bordi delle strade o gettati come sacchi nei canali da qualche caporale che si è ritrovato un uomo stecchito sul lavoro, così finisce il sogno di quanti sbarcano nel sud Italia.

Guai ad ospitare un clandestino, guai rivolgergli parola; lui non esiste, né per te, nè per lo Stato italiano. Ecco spiegato il perché non si è mai parlato dell’ex area di San Nicola Varco. Una stazione ferroviaria fantasma la attraversa, come fantasmi sono gli abitanti della baraccopoli sorta a margine. Un agglomerato indefinito di capanne improvvisate nel mezzo di una mega discarica a cielo aperto. Quaranta ettari di spazzatura.  E dire che lo scorso aprile il ministro all’ambiente italiano, Alfonso Pecoraro Scanio, salernitano oltretutto, vistò Korogocho, la più grande bidonville al mondo, in Kenia, definendo quell’esperienza come un film dell’horror e promise un interessamento a riguardo con progetti affidati ai padri comboniani. Ma seppur buone le intenzioni, non se ne è saputo più nulla di quegli interventi energetici destinati all’area, come nulla è mai stato fatto per i braccianti della bidonville di San Nicola Varco. Il ministro Pecoraro Scanio ha mai fatto visita ai disperati della sua provincia? Troppo impegnativo l’onere di sanare, meglio protestare, denunciare che spendersi per venire a capo di un rompicapo e trovare una soluzione. E così di colpo come per incanto ciò che prima era di competenza del Ministero, passò nelle mani della Regione con tutto il suo carico di disperati.

Oggi la realtà è quella che è, nuda e cruda. E così per rimediare ad anni di indifferenza oggi la Regione istituisce sul luogo un presidio socio-sanitario dove operatori sociali, medici, avvocati e volontari forniranno assistenza ed informazioni ai marocchini che vivono nell’area; settecento secondo le stime, ma oltre mille stando ai residenti. Sì, figurano residenti, addirittura alcuni scontano gli arresti domiciliari sebbene non abbiano neanche un tetto sulla testa.  Ma questa volta pare si faccia sul serio, l’assessore De Felice parla di un’intesa istituzionale con il Ministero degli Interni per sgomberare entro il 31 dicembre l’intera area, attraverso varie fasi: “emersione dalla condizione di lavoro nero, accompagnamento nella ricerca di alloggi, rimpatrio assistito per quanti decideranno di aprire una piccola attivita’ nel paese d’origine. Così restituiremo dignita’ alle persone che da anni vivono qui in condizioni disumane”. E per quelli che vorranno restare? Per coloro che hanno venduto tutto per raggiungere il bel paese perché vogliosi di conoscere il mondo e le sue meraviglie, lavorando onestamente e con sacrificio? Beh, non ci saranno sconti per nessuno, almeno così pare. Ma bisognerà sempre fare i conti con la crescente richiesta di manodopera delle aziende ortofrutticole e zootecniche. Vorrà dire che per sopravvivere si prepareranno alla diaspora e forse seguiranno i loro uomini.

 
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SAN NICOLA VARCO- La storia

Quello che doveva essere il mercato ortofrutticolo, sorto con un finanziamento del Ministero Agricoltura e Foreste di circa 3 miliardi delle vecchie lire e mai decollato, è oggi un luogo aspro ed inaccessibile, dove nulla possono le istituzioni locali.
I lavori dell’enorme sito industriale, a pochi passi dalla stazione ferroviaria, iniziarono infatti nel lontano ’77, ma furono più volte interrotti: nell’80 per il terremoto e nell’83 per l’attesa di nuovi finanziamenti statali. Il fallimento poi dell’impresa esecutrice dei lavori (riguardanti le opere civili) e l’impossibilità di reperire nuovi fondi, costrinsero il ministero prima a disporre la chiusura di ogni concessione per opere non ultimate; e poi alla stipula nel ’90 di una convenzione con l'”Azienda Agroalimentare spa” di S. Nicola Varco. A distanza di cinque anni, però, il ministero revocherà l’affidamento per il mancato raggiungimento degli obiettivi. Sarà l’Ersac, in qualità di concessionario, ad adempiere nel tempo alle operazioni di accatastamento delle aree a favore del demanio dello Stato.
L’ex mercato ortofrutticolo resterà, d’ora in poi, completamente in balia di se stesso. Soldi pubblici furono così calpestati dall’indifferenza generale, e quello che doveva essere il fiore all’occhiello della regione Campania e della città di Eboli diventerà il più grande immondezzaio della piana del Sele, covo di immigrati e rifugio della criminalità organizzata di matrice balcanica prima ed islamica poi.

Emanuela Carrafiello

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