ARCHIVIOEboli: le comiche arrivano in via Solferino a Milano

admin04/08/2012
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Stanlio_e_Ollio

Dalla rubrica delle lettere al direttore del Corriere della Sera del 3 agosto 2012 apprendiamo, con divertito stupore, che il primo cittadino di Eboli, Martino Melchionda, figura di punta del nascente “Polo della speranza” (che solo a dirlo vien da ridere) in terra salernitana, ha replicato all’articolo di Gian Antonio Stella sull’ormai mitico striscione della vendita di appartamenti abusivi. La faccenda è nota, inutile ripercorrerla, ce ne siamo pure già occupati su questo stesso giornale.

 


Tralasciamo la rivendicazione del merito dell’abbattimento delle case abusive sulla litoranea operata dal suo vecchio amico/compagno Gerardo Rosania (cioè il sindaco comunista che per tutte le questioni delicate del locale municipio si è affidato per anni alla sua consulenza legale, del resto Melchionda è un buon avvocato e questo lo diciamo senza alcuna ironia) al proprio schieramento politico e concentriamoci sul resto.
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“Due àuguri che si guardano negli occhi non riusciranno mai a non ridere”
scrisse Cicerone: cioè, i «sacerdoti» che leggevano i segni del destino tracciando cerchi e linee a terra rivolgendo poi lo sguardo al cielo per completare la lettura del futuro, sanno benissimo di dire sciocchezze e, pertanto, trattenersi dal ridere diventa difficile. Diciamo pure impossibile.
Ecco, la sensazione ricavata leggendo la lettera spedita all’house organ dei poteri forti italiani (quelli veri) è esattamente la stessa: vale a dire, scorrere quelle righe rende praticamente impossibile trattenere le risate.

Ad esempio: «…ad Eboli vi è stata un’azione costante e ferma per contrastare l’odioso fenomeno dell’abusivismo a partire dagli anni Novanta….per poi proseguire con determinazione negli anni di amministrazione da me guidata».
Ma davvero? Non finisce qui perché il sindaco del Pd, dopo aver attribuito la colpa della devastazione del territorio a Berlusconi, ai condoni edilizi e via travaglieggiando (è pur sempre uno de sinistra) affonda il baculum nella sabbia e sentenzia: «Ciononostante ad Eboli, il profondo radicamento della cultura della legalità ha prodotto nell’ultimo quindicennio significativi risultati nella lotta contro l’abusivismo edilizio…». Infatti, se si gira per il territorio sembra di stare a Zurigo o, nella peggiore delle ipotesi, in provincia di Belluno. 
Il finale, poi, è da sballo: «La verità deve essere ristabilita, perché proprio Eboli non merita di assurgere alla cronaca nazionale nei termini in cui è apparsa in questi giorni: deve essere riaffermato con forza che nella nostra città prevale la legalità, anche grazie alle amministrazioni di centrosinistra che nel succedersi di questi anni hanno combattuto con ogni mezzo l’abusivismo».

Ha ragione Melchionda, la verità deve essere ristabilita ed Eboli non merita uno sputtanamento nazionale come quello ricevuto per via della burla di un condomino di un palazzo cui è stato negato il certificato di agibilità. ISES
Chi conosce la vita interna dei quotidiani sa che lo spazio è tutto, oltre alla velocità di esecuzione e programmazione. Forse la lettera di Melchionda era lunga e gliel’hanno tagliata. Siamo sicuri che sarebbe continuata in questo modo, più o meno: «…io, con la mia amministrazione improntata al rispetto assoluto della legalità, non offro neppure un centimetro di spazio ad imprenditori (?) straconosciuti negli uffici dell’antimafia; sul territorio da me amministrato non c’è neppure una baracca in lamiera che occupa spazio pubblico senza pagare la Tosap, e non parlo dei poveracci ma di baracche “blasonate”; le attività commerciali e industriali in aree destinate all’agricoltura o vietate dagli strumenti urbanistici, non ho mai consentito che si allocassero, specie se erano riferibili a parenti ed amici; le pratiche edilizie nel “mio” Utc vengono vagliate in ordine cronologico senza che si possano formare piccole e grandi cricche gestite da dipendenti e funzionari; seleziono rigidamente i collaboratori e faccio in modo che personaggi equivoci, magari dediti allo sport, stiano lontani dalla casa comunale, per non dire da me stesso; nessuno può permettersi, nella città che amministro, di acquistare in contanti appartamenti nel centro storico facendoseli ristrutturare da imprese già impegnate in grandi opere «pubbliche» sul territorio, specie se si tratta di aziende del napoletano con i cui titolari sono stato a pranzo prima che iniziassero i lavori; in ossequio alla verità da me richiamata, nessuno dell’entourage di maggioranza può «informare» vecchi boss della camorra, oggi esiliati, sulla vita politico-amministrativa perché nessuno si sognerebbe mai di dirlo in giro vantandosene e, soprattutto, di recarsi in visita a questi delinquenti; sulle forniture e sulle somme urgenze in questa città non c’è nessuno che possa dire di essere favorito; i miei assessori sono tutti adamantini e quelli che verranno non ne parliamo. Ma, sopra ogni cosa, avendo “io” negato il certificato di agibilità a quel condominio all’ingresso di Eboli, reputo giusto che si sappia che io mai ho autorizzato attività in assenza dei requisiti di legge. E quando l’ho fatto (vedi il caso Ises, foto in alto a destra) era solo per tutelare i lavoratori e non certo perché in quella struttura ci ho sguazzato per anni o perché ci lavorano mia sorella e mio cognato o, ancora, perché una collaboratrice attuale del mio studio legale vi compare in pianta organica. Chi dubita di ciò è in malafede, caro direttore, o è pagato dalla Cia. Per finire, sempre per ossequio alla verità delle cose, va detto che qui la legalità è tutto: infatti, quanto a tasse e tributi, nell’amministrazione da me guidata si privilegia la lotta ai furbetti che accatastano gli immobili di proprietà per pagare meno tasse».
Che dicevamo di Cicerone poco fa?
Peppe Rinaldi
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* sotto la lettera al Corriere della Sera del 3 agosto

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