IN CITTA'OmissisIses, la commedia è finita: De luca firma il certificato di morte

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«…Decreta 1) di rigettare le istanze su piattaforma So.re.sa. presentate dalla “Ises soc.coop. a.r.l.” e successivamente reiterate dalla “Nuova Ises soc. coop sociale”, di accreditamento istituzionale definitivo….2) di prendere atto dell’avvenuta risoluzione del rapporto di temporaneo accreditamento con il Ssr in capo alla “Ises”, risoluzione già avvenuta, ai sensi dell’art.25 della L.R. 15/2002, precedentemente alla cessione del rampo d’azienda operata in favore della Nuova Ises…”. Et cetera.». 
Il linguaggio della Regione Campania è freddo, lapidario, burocratico ma il senso è chiaro: non c’è nulla da fare, la partita “Ises” nel suo complesso è chiusa, c’è solo da mettervi su una pietra. Tombale.

Vincenzo De Luca (nella foto), governatore della Campania e commissario (ancora per poco) di governo per la sanità, e Antonio Postiglione, direttore generale per la Tutela della salute, hanno finalmente posto la propria firma in calce al decreto ufficiale della Regione, l’atto formale necessario affinché tutta la vicenda si potesse considerare conclusa. Il decreto è del 15 gennaio scorso, il secondo (cioè il n.2 del 15/01/2019) in ordine cronologico firmato dalla Regione in esordio d’anno. Una mazzata ferma, un calcio nei denti – tanto per rimanere in ambito di linguaggio “deluchiano”- a chi ostinatamente pretendeva di truffare (ancora) il servizio sanitario dopo anni di grasso colato dai pertugi di Asl, istituzioni locali ed extra territoriali, ispettorati di controllo, forze dell’ordine, apparato giudiziario, mondo della politica, sistema dell’informazione.

Lo abbiamo scritto davvero fino alla nausea ma, al termine del viaggio, i fatti ci hanno dato ragione: quella dell’Ises era una truffa prima, una truffa durante e un truffa dopo, solo che nessuna voleva vederla, a cominciare dalla procura della repubblica di Salerno, informata da sempre su quel che accadeva ma che misteriosamente non si decideva a stroncare il macabro balletto sulla pelle di una manciata di disabili dimenticati dal mondo. E forse pure da Dio. Avranno avuto cose ben più serie da seguire che non decine di milioni di euro letteralmente rubati ogni mese per un numero imprecisato di anni (si parla di qualcosa come 80 milioni di euro pregressi e di un’altra dozzina almeno in quelli recenti). Per la verità ancora oggi gli uffici giudiziari sembrano paralizzati sul tema, hanno in mano carte di una chiarezza cristallina ma di decisioni vere ancora non se ne vedono, al di là dei famosi “atti dovuti”: forse sono occupati a celebrare l’imminente apertura dell’anno giudiziario, stilando preoccupate relazioni sullo stato della giustizia nel distretto di competenza .che gli ardimentosi organi di informazione locale copiaincolleranno come sempre- illustrando le ragioni di un crollo del sistema, ragioni ovviamente imputabili a tutto tranne che ai relativi attori principali. Al riguardo, infatti, si registrano voci nei corridoi del tribunale di una ispezione del Csm in corso legata proprio ad una certa inerzia investigativa sul caso. Vedremo se l’indiscrezione sarà confermata.

Il decreto regionale è, in un certo senso, perfetto: spiega che la “Ises” non era accreditata ufficialmente già a partire dal 2014; che gli atti dell’Asl di Salerno di diniego erano corretti tant’è che Tar e Consiglio di Stato avevano già fatto chiarezza; che, al di là di questo, il rapporto si era risolto da tempo perché la mancata fatturazione per le prestazioni erogate si era protratta per più di sei mesi; che anche la “Nuova Ises” (coop sorta sulle ceneri della prima ma, in sostanza, con la stessa composizione precedente al netto dei cambiamenti di facciata e di qualche defezione) non è accreditabile visto che il (misteriosamente finanziato) acquisto del ramo d’azienda non ha prodotto alcuna efficacia in quanto -come da noi sempre rimarcato- non si può acquistare una cosa che non esiste, cioè l’accreditamento; che la recente ordinanza del Tar (la 523/2018) alla fine ha prodotto effetto zero dal momento che l’Asl, invitata dai giudici a farlo, ha ripetuto che non c’era trippa per gatti; che tutte le “manfrine” fatte sin qui hanno soltanto prodotto perdita di tempo e di danaro perché la situazione era chiara fin dall’inizio, e così via demolendo.

A proposito di bizzarrie, si segnala ancora che nel decreto in questione c’è un passaggio in cui si dice che, nonostante fosse tutto già chiaro e definito, il 2 agosto del 2017 (gestione Asl del dottor Antonio Giordano, poi allontanato da via Nizza da De Luca, verosimilmente -anche- per questo) l’Asl aveva avviato per la miliardesima volta non ben specificate “procedure di verifica” dell’accreditabilità della struttura al tempo in cui occupava la Casa del Pellegrino cosiddetta ma che, all’improvviso, ha bloccato l’iter perché gli stessi “dirigenti” della Ises lo avevano chiesto «avendo rilevato carenze relative ad atti di cui al momento non si è in grado di produrre (la sintassi non è nostra, ndr)»: in pratica si erano incartati da soli e il feeling tra amministrazione comunale di Eboli, massima responsabile del disastro, e gli uffici di via Nizza rischiava di far finire tutti a Fuorni. Pericolo, in astratto, sempre in agguato.

Le speranze di lucrare ancora danaro, coltivate da improbabili imprenditori del nord catapultati in territorio ebolitano in combutta con vari scalzacane del sindacato, coadiuvati da funzionari ministeriali facenti parte del sistema e consulenti vari abbagliati da qualche contenzioso a sei zeri in prospettiva, finiscono nella pattumiera. Ora saranno dolori, altri dolori, sia per quei pochi lavoratori provenienti dalla vecchia compagine sia per quelli “nuovi”, assunti alla Totò e Peppino, cioè solo sulla carta e grazie all’amorevole interessamento di membri della giunta comunale, di funzionari dell’ente locale e di altre figure politico-istituzionali coinvolte. Chi, in particolare, si troverà assediato da altre rogne sarà di certo Massimo Cariello (a dx nella foto), il quale è riuscito nell’impresa: intestarsi l’intero fallimento di una truffa organizzata prima ancora che gli ebolitani lo mandassero pro tempore a risolvere i propri problemi. Amen

 

Peppe Rinaldi

Giornalista

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