CulturaTerritorioSapri, processo a Mazzini e ai teorici del Risorgimento

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E’ stata la villa comunale di Sapri (Salerno) il teatro di un processo storico a Giuseppe Mazzini.
L’ amministrazione comunale ha organizzato per venerdi’ 27 agosto un appuntamento da non perdere. L’ accusa contro uno dei principali teorici del Risorgimento sarà affidata alla studiosa Elena Bianchini Braglia, animatrice del “Centro studi sul Risorgimento e l’ Italia preunitaria”, ed autrice di numerosi saggi di revisione storica sull’ unificazione.

A fare da “primo giurato popolare” sarà il sindaco di Sapri, Antonio Gentile. Presidente del Tribunale storico sarà il prof. Alfonso Conte, dell’ Università di Salerno.
La difesa è affidata a Michele Finelli, presidente dell’associazione mazziniana italiana.

L’appuntamento, ideato dall’avvocato Franco Maldonato, è a partire dalle ore 22.

QUESTI I CAPI DI IMPUTAZIONE:

  1. Avere sacrificato la vita di tanti giovani organizzando spedizioni che sapeva essere fallimentari. Carlo Cattaneo rimproverava a Mazzini l’ostinazione con la quale immolava i suoi seguaci «in progetti intempestivi e assurdi» mantre Karl Marx, in un articolo sul “New York Daily Tribune” dell’8 marzo 1853, ne condannava apertamente le «rivoluzioni improvvisate» che finivano regolarmente in un inutile sacrificio degli insorti.
  2. Attività terroristica e utilizzo di tattica stragista. Lo storico siciliano Mario Moncada di Monforte ha recentemente definito Mazzini «il Bin Laden del XIX secolo». Ciò ha inevitabilmente suscitato polemiche, benché a ben guardare risulti evidente che tutta l’attività di Giuseppe Mazzini è stata incentrata sulla violenza. Al sicuro nella sua casa di Londra, organizzava attentati, fin da giovane progettava assassini. Appena ventitreenne stendeva un progetto di duplice assassinio, per eliminare l’imperatore d’Austria e il principe di Metternich. Nel 1833 progettava di far colpire Carlo Alberto di Savoia Carignano con uno stiletto dal manico di lapislazzuli. Con la GiovineItalia ha messo a punto la sua «dottrina dell’assassinio», dove la violenza e l’uso del pugnale sono considerati strumenti legittimi di lotta politica. Più volte ha ribadito che «a emancipare la patria dalla tirannide dello straniero ogni arma è santa».
  3. Dopo aver dichiarato che ogni violenza è lecita pur di affrancare la patria dallo straniero, essersi appoggiato allo straniero. Mazzini coltiva e diffonde una vera e propria “austrofobia” («Austria delenda est» è uno dei suoi più frequenti motti) che tuttavia non può essere motivata dal desiderio di creare una patria libera e indipendente, visto che non disdegna poi di appoggiarsi e affidarsi a un’altra potenza straniera, l’Inghilterra. Non a caso trascorre lunghi periodi a Londra, dove nel 1847 conosce Adriano Lemmi, personaggio ambiguo, spesso oscuro, col quale stringerà una lunga e profonda amicizia.
  4. Avere portato il disordine a Roma, con l’esperimento della Repubblica Romana del 1849. Spesso indicato come modello di governo all’avanguardia, il triumvirato Mazzini Saffi Armellini porta invece un’ondata di disordini. Gli agitatori di popolo agiscono come briganti. L’assassinio di Pellegrino Rossi è solo il caso più eclatante di violenza. Ci sono poi le soppressioni dei monasteri, la profanazione delle chiese, la violenza sulle monache. La gestione della cosa pubblica è fuori controllo: l’erario è dissipato, il commercio interrotto, i privati derubati. Luigi Carlo Farini sarà suo malgrado costretto ad ammettere che «fra gli inni di libertà e gli augurii di fratellanza, erano violati i domicili, violate le proprietà, e le requisizioni dei metalli preziosi divenivano esca a ladronecci, e pretesto a rapinerie».
  5. Avere rifiutato caparbiamente la via del federalismo per promuovere invece un’unificazione centralista, omologante, nel disprezzo più radicale delle tradizioni, della volontà, della fede dei popoli italici, e in ossequio al volere delle logge massoniche, dell’Inghilterra, dei nemici della Chiesa cattolica.

 

Redazione Eolopress

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