IN CITTA'OmissisEboli, vertenza Ises: il Tar, le fake news e le elezioni che si avvicinano

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Il Tar della Campania, sezione di Salerno, ha finalmente pubblicato la sentenza relativa al ricorso presentato dalla cooperativa Nuova Ises contro il decreto della Regione Campania (precisamente, del Commissario ad acta per il rientro dal debito sanitario, cioè De Luca) che bocciò agli inizi di quest’anno la domanda per l’accreditamento istituzionale. Dal 19 giugno scorso, data dell’udienza fissata mesi prima, la decisione era particolarmente attesa, non foss’altro che per il clamore che questa storia ha ottenuto nel corso degli ultimi anni.

L’atto è costituito da circa cinquanta pagine redatte dal presidente estensore Paolo Severini, dal consigliere Olindo Di Popolo e dal referendario Michele Conforti. Nel ricorso, integrato di motivi aggiunti, si erano costituiti l’Asl di Salerno e diversi altri centri salernitani di riabilitazione nella loro legittima veste di controinteressati nella vicenda. Non si era, invece, costituita la Regione Campania (recte, il Commissario ad acta) ed è questo un dettaglio significativo su cui si avrà modo di discutere in altra sede. Per ora si rende necessario, alla luce di quanto leggiucchiato qua e là dopo la pubblicazione della sentenza, provare a precisare alcuni elementi al fine di sgombrare il campo da un tipo di interpretazione – per così dire- naif offerto dai media locali, sullo standard Facebook per capirci, dove tutto vale tutto e quindi niente.

Allora: il Tar di Salerno, dopo una gigantesca contorsione tecnico-formale e trovandosi dinanzi ad un problema oggettivamente complicato (dalle carte ma non dalla realtà dei fatti) alla fine ha sentenziato una cosa molto semplice: che il decreto della Regione va annullato sì ma non perché le ragioni addotte dalla ex cooperativa in bancarotta siano fondate (cioè l’istanza di accreditamento da “ereditare” dalla Ises in favore della Nuova Ises), tanto è vero che neppure se ne parla in sentenza, ma perché un atto non è stato notificato. Un vizio di forma, tutto qua.
Alla luce di ciò, dunque, il tribunale amministrativo  ha stabilito che l’amministrazione pubblica (Asl e Regione) hanno «l’obbligo di riprendere il procedimento dal punto in cui si sono manifestate le criticità»: in parole povere, bisogna rifare la procedura aggiungendovi quella notifica che mancava.

Nessuno spiraglio, nessun sospiro di sollievo, nessun festeggiamento e men che meno nessuna erogazione di fondi dunque, solo la prosecuzione di una querelle giudiziaria che, quando la magistratura penale si deciderà a stroncare definitivamente lo scandalo, potrà considerarsi conclusa. La giustizia amministrativa viaggia su altri binari rispetto a quella penale, se presenti certe carte e certi tipi di documenti è su quelli che i magistrati del Tar giudicheranno, ignorando che nel caso nostro – ad esempio- non è vero la Nuova Ises ha investito circa un milione di euro (le rate per l’acquisto del ramo d’azienda non sono state tutte versate e quindi l’atto ha perso la sua efficacia), non è vero che la compagine societaria attuale sia formata dai vecchi soci (tranne i “dirigenti” e pochi altri) e soprattutto non è vero che i pazienti (una decina di povericristi disabili dimenticati anche da Dio) non hanno avuto e non hanno un posto dove poter essere curati (sono trattenuti illegalmente, nella distrazione generale e nel colpevole silenzio degli organi di controllo, come ripetiamo ormai da anni) e molto altro ancora: tutti elementi che saranno nei prossimi mesi incrociati e integrati nelle altre due indagini penali ancora residue dalla procura di Salerno.

de-luca-salernoMa vi è di più: quando la Regione dovrà riformulare il decreto non potrà neppure contare sul fatto che questa sentenza del Tar abbia detto o stabilito alcunché nel merito della questione, cioè sulla fondatezza del ricorso presentato dalla Nuova Ises e, pertanto, sarà giocoforza obbligata a ripetere l’atto pari pari con quella modifica richiesta. Non è materia per festeggiamenti, anzi, passeranno altri mesi, se non anni a tentare di raddrizzare un legno che, come si sa, non può essere raddrizzato quando nasce storto. Per non dire poi delle ragioni opposte dagli altri centri di riabilitazione, le uniche ritenute fondate dalla stessa sentenza (che critica la difesa invece fatta dall’asp) e che pure dovranno essere superate dal nuovo decreto, il che è tecnicamente impossibile. Certo, come detto più volte, in Italia può accadere di tutto, anche che De Luca (interessato in vista delle prossime elezioni regionali a tenersi buona l’amministrazione locale di Eboli che su questa partita si sta giocando quasi tutto) faccia in modo di trovare il cavillo (ma quale?) per erogare soldi in favore di questa gigantesca truffa da 12 milioni di euro di debiti che non si capisce, almeno non ancora, chi e quando debba pagarli ma, francamente, la cosa appare inverosimile, oltre che lontana nel tempo ove avvenisse.

E quindi la carovana riparte, più acciaccata di prima mentre un numero imprecisato di “dipendenti” lavora gratis (ma l’Inps ne è informato quando scatteranno le domande di disoccupazione o subirà l’ennesima truffa?), disabili non ricevono cure legali, un proprietario di un immobile (il Palazzo F&M di Eboli, foto in alto) non viene pagato e tutto il resto.

Le allegre e spumeggianti considerazioni di riconosciuto analfabetismo, ovviamente veicolate sui social e su alcuni media che necessiterebbero di traduttori in lingua corrente, potrebbero avere come obiettivo recondito quello di tenere ancora per un po’ buoni i creditori della coop ricorrente, facendo balenare l’ipotesi che di qui a poco arriveranno soldi dall’Asl. Ma qui può solo scattare una risata.

Peppe Rinaldi

Giornalista

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