ARCHIVIOL’Asl Salerno «chiude» la clinica del Pd: non ha i requisiti, niente più soldi dalla Regione Campania

admin13/12/2013
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Sembra sia definitivo: il centro medico psico-pedagogico “Ises” (foto, dal web) non potrà più godere dell’accreditamento presso la Regione Campania. La scelta è stata compiuta all’esito dei sopralluoghi effettuati alcune settimane fa dalla commissione nominata ad hoc dall’Asl di Salerno. Il che significa che i circa quattro milioni di euro annuali che la struttura di Piazza Pendino ad Eboli (Sa), della quale si è abbondantemente discusso in passato per via delle stravaganze -chiamiamole così- politiche ed istituzionali, incassava da tempo dall’erario per la cura e l’assistenza ai disabili, non arriveranno più. Mai più. 

Se l’Ises avrà la forza e le finanze sufficienti per resistere sul mercato contando sui pagamenti diretti delle famiglie dei degenti e dei pazienti, allora potrà continuare ad esercitare la relativa funzione: diversamente si profila un’autentica tragedia, in primis per i disabili che dovranno mettersi a caccia di nuovi posti per l’assistenza, e poi per i lavoratori che d’improvviso vedono materializzarsi il peggiore degli spettri, la disoccupazione. 


La notizia è ufficiale, a momenti dovrebbe esser anche messa in rete dagli uffici dell’Asl preposti alla pubblicità degli atti, ed è diretta conseguenza delle valutazioni effettuate sia in punta di diritto che in punta di fatto: basta un occhio, anche soltanto dall’esterno, alla struttura per capire di cosa stiamo parlando.

Si chiude così, nel peggiore dei modi, una vicenda che affonda le radici in un ginepraio di interessi, politici e finanziari, non dissimili da tanti altri: con la differenza che altrove i conti tornano, i dipendenti vengono puntualmente retribuiti, i pazienti curati, i requisiti strutturali e giuridici rispettati e nessuna ingordigia affiora negli amministratori oltre i limiti fisiologici.

L’Ises, invece, struttura in cui per tanti anni è stato amministratore l’attuale sindaco di Eboli, Martino Melchionda, dove vi lavorano a vario titolo parenti e familiari dell’establishment politico-istituzionale, dove i dipendenti sono spediti da anni in fila ai congressi politici (ieri del Pci oggi del Pd, con remote puntatine del Biancofiore Dc) alla stregua di altre imprese ma con le richiamate, fondamentali differenze, e dove di cose «atipiche» sembra se ne siano verificate a ripetizione (vedi altri servizi dell’inchiesta in Omissis), presentava un vulnus insuperabile: non aveva la certificazione di agibilità della struttura, in pratica è come se una persona fosse priva dei documenti di identità. Il che -come abbiamo più volte raccontato- comportava l’impossibilità di farvi qualunque cosa. Non foss’altro perché è -ictu oculi– un comunissimo palazzo civile, con analoga destinazione urbanistica, all’interno del quale convivono malati, disabili, lavoratori e famiglie «normali»: roba che solo a immaginarla non sai se ridere o piangere, specie pensando alla quantità di danaro pubblico drenata da anni in quelle casse societarie. Per le altre pare si stia interessando da poco l’autorità giudiziaria, la stessa che fino a pochi mesi fa sembrava volesse scansare il problema nonostante ne fosse informata, creando di fatto una insopportabile discriminazione tra chi viene sanzionato (anche penalmente) per una piastrella non smacchiata e chi manco potrebbe esistere e stare in piedi. Le stesse discriminazioni costantemente avallate dalla locale amministrazione comunale, volto feroce con i poveracci e sguardi appesi con chi può in qualche modo garantire voti, posti di lavoro e danaro.

Poi le cose cambiano e cambiano pure i vertici degli uffici giudiziari, non soltanto di quelli politici ed amministrativi, e la direzione di marcia si adegua. Vedremo in quale senso, non soltanto per il caso Ises (e per altri che riguardano il partito di riferimento, il Pd).

Intanto, sotto questo profilo, va registrato il processo per abuso d’ufficio già in corso da un paio d’anni e che vede imputati il sindaco piddino Melchionda e un ex membro del cda dell’Ises: l’accusa è concorso in abuso d’ufficio in relazione ai permessi rilasciati nonostante gli espliciti divieti di legge. Un processo già diventato «burocratico» e che non si sa se, come e quando finirà: solita roba all’italiana che pare non interessare nessuno se non quando ci si finisce dentro.

Ora dall’Asl giunge la notizia (salvo imprevisti dell’ultimo minuto) che l’accreditamento è stato negato in maniera definitiva: e non si capisce come la faccenda evolverà dal momento che attorno al centro gravitano tuttora interessi che, come sempre accade quando le cose si mettono male, potrebbe esplodere in direzioni inaspettate.

Peppe Rinaldi

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