ARCHIVIOSalerno, nuova rete ospedaliera: “sparisce” la Piana del Sele

admin22/07/2012

Soccorso_in_barella

Fonti ben accreditate dicono che dalla direzione generale dell’Asl stia per partire un missile di quelli belli tosti: il varo del piano di riordino della rete ospedaliera provinciale. Questione di ore e Maurizio Bortoletti metterà sul tavolo la decisione. I dipartimenti per l’urgenza cardiologica saranno soltanto due: all’azienda ospedaliera di Salerno e a Vallo della Lucania, struttura sulla quale graviteranno gli ospedali di Polla, Oliveto Citra, Roccadaspide, Agropoli e Sapri.

Da Eboli in avanti verso nord, invece, si farà riferimento al capoluogo. Forse ci saranno pezze d’appoggio intermedie, una volta scattate le solite proteste ex post faranno qualche aggiustatina ma, alla fine, lo capisce chiunque che non sarà più la stessa cosa per un numero imprecisato di persone. Tante, sicuramente troppe.
Se abbiamo capito bene, alla prima avvisaglia di infarto di un cittadino, ad esempio ebolitano, bisogna raddoppiare i segni della croce. Sempre che si faccia in tempo, e cioè: sperare di portare a casa la pelle e, subito dopo, sperare che per coprire i poco più di venticinque chilometri che separano Eboli da Salerno occorrano non 40 minuti e passa, grazie ad un sistema della mobilità interna quasi comico, ma un lasso di tempo sufficiente prima che il cuore si spacchi in mille pezzi. Va da sé che, una volta giunti sul posto, sia altrettanto lecito sperare che ci siano mezzi e personale non impegnati a districarsi nel prevedibile affollamento.

E’ uno scenario possibile, neanche tanto lontano, sempre che vengano confermate le ipotesi della direzione generale, e sempre che non ci siano adeguamenti in corso d’opera che consentano all’intera Piana del Sele di garantirsi almeno un minimo di dignità. Adeguamenti? E chi dovrebbe pensarci, chi dovrebbe farlo presente all’ufficiale dei carabinieri Bortoletti (il quale fa il lavoro per il quale viene pagato)? Questo è il tema. Dovrebbe essere la politica a gestire e regolare il flusso contrapposto degli interessi. O no?

Prendiamo Eboli (Battipaglia, al contrario, le “sue” cose le ha trattate diveramente). Sul piano locale è in atto un divertentissimo balletto intra-politico, che a tratti ha addirittura del surreale. Sorvoliamo sulle rappresentanze parlamentari, delle quali spesso non si ha notizia. Il governo cittadino appare molto affannato in un’esilarante commediola su piccole alchimie interne che interessano solo i diretti protagonisti, un «dibattito» ai limiti dell’onanismo sfrenato: il posticino a mia moglie al piano di zona, quello nel consorzio farmaceutico a mia sorella, qualche cartuccia per stampanti o qualche toner da comprare nell’aziendina del parente, una poltroncina nel cda di una partecipata e via dicendo. Saltiamo tutta la parte “oscura” della vita politico-istituzionale, che poi tanto oscura non è. Tutte cose normali (diciamo), nessuno scandalo, funziona ovunque così. Il problema è che non può esserci solo questo, un minimo di tutela degli interessi del territorio dovrebbe farsi evidente. Il guaio vero, però, sembra essere l’inadeguatezza nei confronti delle sfide. E quelle di oggi necessiterebbero di personale con gli attributi. C’è? Esiste? Non sembra.
Il Pd porta intera sulle spalle la responsabilità: se si considera che, pur governando la città da anni, non ha neppure una sede, si capisce perché il contesto generale si caratterizzi in un certo modo. Addirittura, raccontano, oggi è diviso in correnti con leaders autoctoni: roba da non credere. Ora si è messo (il Pd) a rincorrere un Udc che qui è ancor più improbabile che altrove: contenti loro. Il centrodestra, nel caos generale che lo affligge da sempre, ha almeno l’alibi di non avere alcuna responsabilità amministrativa diretta. Eppure per mesi, quando c’è stata occasione, sugli organi di informazione si è letto di tutto: convegni, studi, proposte, ospedali da tutelare di qua, strutture da preservare di là, il tribunale da conservare (un’altra débacle clamorosa) e bla bla bla. Chissà perché torna alla mente il proverbio napoletano sulle chiacchiere e sulle tabacchiere di legno al banco dei pegni. Qui le responsabilità vere non escludono noi operatori dell’informazione: ma questa è un’altra storia.
Se il piano di Bortoletti, come pare, si realizzerà, ci sarà poco da ridere e farsi fotografare a tagliar nastri.
Da circa venti anni, un intero comprensorio vive schiacciato sotto il peso di un brutale, artificiale, ricambio di classe dirigente: onestamente, pur volendo sperarlo, non sembra che si stia meglio adesso che i «ladroni» sono stati sostituiti dal ceto politico formatosi tra Oxford e Cambridge. Di certo c’è che quei ladroni, chiunque essi siano stati, non avrebbero mai consentito di essere bypassati con tanta facilità. Oggi ci sono altri statisti, le prove date sin qui le conosciamo. Preoccupano le future. E le presenti.

Peppe Rinaldi
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