IN CITTA'San Vito e il mistero della traslazione delle reliquie

https://www.eolopress.it/index/wp-content/uploads/2019/06/SanVito_eboli1-1.jpg

La tradizione vuole che questa fosse tra le più antiche chiese di Eboli, se non la prima: sorta per accogliere le ossa dei santi martiri Vito, Modesto e Crescenza, che consumarono il loro martirio sotto Diocleziano (69 d.C.) sulla riva destra del fiume Sele, la chiesa di san Vito al Sele divenne subito meta di pellegrinaggi e di devozione del popolo che si onorò di scegliere il Santo giovinetto Vito come suo patrono principale. Il Codex Diplomaticus Cavensis** ricorda questa chiesa al vol. VI a pagg. 191 e 195 sotto l’anno 1042. 

Non si conservano purtroppo documenti che illustrano la tradizione popolare, se non che nei pressi del fiume Sele si tenesse una fiera in occasione della festa di San Vito. Ma è sul mistero della traslazione delle Sante reliquie che si sono avvicendate le diverse teorie degli storici e che Giuseppe Bergamo nel suo libro “Chiese e monasteri di Eboli” (prem.stamperia Raffaello Beraglia- Salerno) ha ben riportato:


“Esistono gli atti del trasferimento delle reliquie dei tre Santi dalle sponde del Sele a Mariano, nelle pertinenze di Polignano, città delle Puglie, ora annessa alle sede vescovile di Monopoli, al tempo dell’arcivescovo Nicola, che vi prese parte, con numerosa gente devota che le accompagnò al luogo indicato. Si dubita assai però sulla loro autenticità: il Bollandista Papebrochio è deciso nel considerarli spurii, mentre Di Meo e il Paesano propendono per la loro autenticità. Le ragioni che porta il Papebrochio mi convincono nonostante la confutazione che cercano di fare il Di Meo e il Paesano su menzionati. Egli nega l’autenticità di tali atti per le seguenti ragioni: 
1) perché la leggenda di Fiorenza , principessa di Salerno che in pericolo di annegare nel Sele sarebbe stata liberata da S.Vito che le ingiunse di far trasportare le sue sacre spoglie, unitamente a quelle di Modesto e crescenza, oltre che semplicistica, non corrisponde alle condizioni dei tempi, essendo ormai noto che solo dopo l’840 Salerno cominciò ad avere i propri principi né d’altronde si ricorda mai un a principessa di tal nome a Salerno; 
2) nella leggenda si parla ancora di un tal Bernardo, fratello della principessa Fiorenza che, infermatosi in Gerusalemme ove si era recato con la sorella, ottenne la guarigione dopo una visione del santo giovinetto Vito, al quale fece voto di far trasferire le sue reliquie a Mariano di Polignano, come gli aveva chiesto il Santo.
Anche questa seconda visione riveste i caratteri della prima e si fa notare ancora che i nomi in andus non erano in uso presso i Longobardi, senza aggiungere che in quell’epoca, non ancora la sede di Salerno era decorata del titolo arcivescovile, come si dice di Nicola. Il fatto della traslazione potrebbe essere non pertanto vero, ma le circostanze assolutamente no.

Il Paesano a conferma del suo assunto circa la verità della traslazione adduce l’autorità del venerabile Beda, che nel suo martiriologio sotto il 15 giugno ne fa menzione, nonchè quella di Adone, nel cui martiriologio compilato nella città di Ravenna verso l’anno 842 su di antiche memorie in essa città venute a sua conoscenza si parla di Fiorenza e della sepoltura, per opera sua, data alle reliquie dei Santi Vito, Modesto e Crescenza, in Mariano di Polignano. Poiché questi Santi subirono il martirio presso il Sele, nella Lucania, ne consegue dice il Paesano che lì deve trattarsi di traslazione. 
Ma non bisogna dimenticare che anche altre città pretendono avere le stesse reliquie dei Santi; orbene se si vuole mettere a base di tutte queste pretese il fatto della traslazione, queste si moltiplicherebbero varie volte. Ad esempio anche l’Anonimo della nuova Corbia parla della traslazione delle reliquie di S.Vito dalla Francia, in detto monastero della Sassonia e specifica essere proprio quelle del fanciullo martirizzato in Lucania con Modesto e Crescenza, le cui reliquie furono traslate in Francia da Fubrado, abate di S. Dionigi verso l’anno 756. 


Tra i critici è pertanto subentrata la convinzione che si tratta di vari santi fanciulli martiri a nome Vito. Il Papebrochio infatti ne riconosce tre: l’uno di Sicilia; l’altro di Lucania; il terzo di Roma. Il Mazzocchi ne ammette due: il siciliano e il lucano.
Il Di Meo invece crede che S. Vito al Sele non sia diverso dal quello di Sicilia, il quale sbarcato nelle vicinanze di Salerno e dimoratovi alquanto, fu tradotto in Roma e in essa città martirizzato, le sue spoglie furono riportate alle sponde del Sele.

Nuovo panno raffigurante S. Vito custodito nella chiesa di S.Maria della Pietà.

In ciò convengo con lui pienamente, azi la tradizione vuole che le sacre reliquie, prese sulle ali degli angeli, fossero portate di nuovo al Sele, tra quegli stessi abitanti che eransi convertiti alla predicazione di S. Vito. Un antico quadro in tela che si conserva nella sagrestia della Collegiata di Eboli rappresenta con mano maestra questa tradizione.

Mentre il Di Meo non nega la presenza di un altro S. Vito, le cui reliquie furono trasportate in Francia e in Sassonia, il Mazzocchi e il Paesano preferiscono asserire che a S. Vito della Lucania appartenga la surriferita traslazione a Polignano, e a quello della Sicilia il trasferimento in Francia. Io invece- spiega ancora Bergamo_ sono del parere che non solo sia uno solo il S.Vito, che subì a Roma il martirio sotto Diocleziano, ma ancora che tutte le narrazioni di traslazioni su accennate siano parto di fantasia; mentre di vero credo solo che i corpi dei predetti santi martiri furono trasportati nuovamente dagli angeli, come attesta la tradizione, o da pietosi devoti, presso il Sele, tra quella stessa gente che restò conquisa dalle virtù e dalla predicazione di Vito e compagni. 
La traslazione quindi a cui accennano tutti deve essere quella del Sele, ove ancora oggi il popolo crede conservare e venerare le sacre reliquie”. 
Reliquie del Santo si trovano oggi in Sicilia e a Forio d’Ischia, ove ad esempio nella chiesa omonima si venera un dente del Santo giovinetto, anche se nonostante l’autentica restano dubbi sulla loro attendibilità.   

*Foto EBAD_ archivio fotografico digitale c/o la biblioteca “S. Augelluzzi”_ Eboli  (Sa)
** Nel 1572 la chiesa di San Vito al Sele apparteneva alla Badia di Cava (Reg. Contractuum Notaris Joannis Marci Juvenis de Cava, car 99, 104, 108)

Emanuela Carrafiello

Giornalista

Leave a Reply

Related Posts

{{ image }}

{{ title }}

{{ date }} {{ comments }}
{{ viewcount }}
{{ author }}
{{ image }}

{{ title }}

{{ date }} {{ comments }}
{{ viewcount }}
{{ author }}
{{ image }}

{{ title }}

{{ date }} {{ comments }}
{{ viewcount }}
{{ author }}